INTERVENTO DI STEFANO MASTROVINCENZO

PRESIDENTE CRU UNIPOL – MARCHE

Ringrazio per l’invito a portare un contributo; il titolo della giornata odierna “Nessuno deve essere lasciato solo” sollecita in primo luogo un’attenzione prevalentemente etica, ispirata alla solidarietà; vi si intravede anche una forte ispirazione sociale che, come ricordava Benuzzi nel suo intervento, caratterizza Unipol fin dalle origini ed è strutturalmente nel Dna delle organizzazioni socie; ma ha anche una forte implicazione economica; i costi complessivi per affrontare esclusione e povertà in ogni comunità territoriale sono enormi.
Noi qui presenti abbiamo la consapevolezza che motivazioni etiche, sociali, economiche, ci impegnano a rinnovare un patto di azione congiunta per far sì che nessuno sia solo.
Vengo dalle Marche regione che ha affrontato, come altri territori italiani, anni difficili; la consolidata immagine di regione della laboriosità, della coesione sociale, del vivere bene, si è andata via via appannando.
La crisi è andata a sommarsi ad una situazione di difficoltà strutturale rispetto ai fattori che avevano portato alla ascesa degli ultimi decenni del secolo scorso e all’instaurarsi dei miti marchigiani del “piccolo è bello” e dello “sviluppo senza fratture”.
Una fase si è conclusa e pur in presenza di alcuni segnali esterni positivi, non si intravede l’avvio di un nuovo ciclo di trasformazione e dinamismo socio-economico : i consumi ripartono lentamente, il credito è ancora stagnante, la capacità di spesa delle amministrazioni locali si riduce, sugli investimenti interni ed esteri ci sono previsioni al ribasso.
Se aggiungiamo la specializzazione prevalente in settori produttivi tradizionali, la scarsa managerializzazione delle imprese, difficoltà nel ricambio generazionale, la riluttanza di molte piccole imprese ad accogliere persone con skill professionale elevato, servizi e dotazioni infrastrutturali immateriali non sufficienti, il piatto del declino possibile è servito.
Prendo a prestito il titolo di un libro di Massimo Recalcati “Non è piu’ come prima”, per dirmi e dirci che non possiamo indugiare nella nostalgia di tempi andati, di situazioni accadute che non si ripresenteranno. Al contempo non possiamo riporre speranze in grandi idee risolutrici o in pianificazioni miracolose.
In questo quadro si colloca la necessità di ricercare nuove fonti di valore e di sviluppo per le nostre comunità, per i nostri territori.
Alla razionale preoccupazione per il futuro, dobbiamo affiancare la capacità di valorizzare gli elementi di dinamismo e innovazione che pure sono presenti in una parte del sistema produttivo e sociale regionale e possono essere utili a riposizionare in modo efficace il sistema-Marche sulla catena del valore internazionale.
Credo che le Marche possano e debbano avere l’obiettivo prioritario di investire nel “capitale di rete” o “di connessione” sui territori: reti tra imprese, università, parti sociali e altre agenzie formative; reti tra città (sia per la gestione associata dei servizi che per cooperare ai fini dello sviluppo); reti tra pubblico e privato per l’innovazione digitale, reti tra servizi pubblici e privati per le politiche attive del lavoro.
Alla classe politica, che per anni ha mostrato i limiti di un eccesso di localismo e di un deficit di visione, si chiede oggi di svolgere un ruolo di “incubatore”, di “acceleratore” di questa costruzione di reti, con e tra i soggetti istituzionali, sociali ed economici del territorio.
Nella nuova programmazione comunitaria il beneficiario strategico dei fondi è proprio il territorio, inteso come attore sociale collettivo, capace di condividere scelte progettuali, interessi, risposte ai bisogni, per generare efficienza e limitare le disuguaglianze. Purtroppo in questa fase, al di là di atti formali, il partenariato non sembra purtroppo essere stato assunto come metodo di una vera programmazione “a rete” per condividere idee e progetti di sviluppo locale. Per questo come organizzazioni sociali, a partire da quelle dell’impresa e del lavoro, dobbiamo essere ancora piu’ consapevoli del valore e del potenziale generativo della nostra azione sussidiaria.
I temi al centro di questa importante giornata sono tutti pregnanti per i territori marchigiani e per la profonda riflessione che le nostre organizzazioni sociali devono fare nel contesto complesso in cui operano; riflessione che coinvolge necessariamente anche Unipol, ormai diventata non solo la prima realtà assicurativa italiana, ma anche un grande gruppo multisettoriale e plurispecialistico, con un potenziale di intervento davvero significativo.
In un’era di grandi e veloci cambiamenti, in cui complessità e incertezza sono elementi permanenti delle esistenze individuali e dei percorsi collettivi, in cui vengono ridisegnate appartenenze, legami, rappresentanze, reti di solidarietà, in cui si aprono ripensamenti dei saperi e delle relazioni tra le generazioni, il professor Lizzola parla di organizzazioni sociali chiamate a vivere un “tempo di esodo”.
Riconoscerci fragili, in esodo appunto, ci dà la possibilità di leggere, interpretare, prendere meglio in carico le vulnerabilità di coloro che a noi si rivolgono e delle loro famiglie; assumere questa consapevolezza vuol dire rafforzare la capacità di “farsi prossimi”, che è fondativa ed al contempo vitale sia per il sindacato confederale, che per le associazioni della piccola impresa che per una realtà come Unipol.
Da questa importante occasione odierna emerge l’esigenza di un maggior legame, di un piu’ organico collegamento tra Unipol e organizzazioni socie, anche e non solo attraverso i CRU, da un lato per contribuire ad individuare prospettive di nuovo sviluppo sostenibile ed equo per i nostri territori, dall’altro per rafforzare le reti di prossimità, per coltivare capitale di connessione, per rilanciare la capacità di soggetti economici e sociali di agire in modo solidale e sussidiario.
Il tutto perché davvero nessuno sia solo.