INTERVENTO DI ALESSANDRO MEOZZI

PRESIDENTE CRU UNIPOL – UMBRIA

La tutela della salute rappresenta uno degli elementi cardine del patto sociale che lega i cittadini alla propria comunità. Questo tema, centrale nella vita delle persone, un diritto nella nostra cultura, è al centro del dibattito pubblico, politico e sociale nelle diverse aree del pianeta, sia nei paesi di più antica industrializzazione sia in quelli in rapido sviluppo.

In seguito alla crisi finanziaria ed economica del 2008 si è aperto, a livello globale, un confronto sulla sostenibilità sia dei sistemi di welfare pubblici – nei paesi come l’Italia, in cui c’è una copertura generalizzata dei cittadini) e nei paesi in cui il sistema sanitario è fondato sullo schema di assicurazioni private come avviene negli Stati Uniti.

In Italia a partire dal 2010 sono stati avviati programmi di contenimento della spesa pubblica che hanno interessato anche il finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale, stimolando la riorganizzazione dei diversi sistemi regionali verso l’efficienza dei modelli gestionali e il generale contenimento dei costi.

La riduzione delle fonti di finanziamento pubbliche unite alle trasformazioni demografiche ed epidemiologiche della popolazione stanno promuovendo ovunque processi di riorganizzazione.
Ciò che è accaduto anche in Umbria.
L’Umbria invecchia, ma ha una forte economia sociale

Le determinanti della domanda di salute e di welfare sono riconducibili ai cambiamenti demografici, socioeconomici, epidemiologici nonché a tutti quegli elementi di natura valoriale, etica e culturale che influenzano i comportamenti e gli stili di vita dei cittadini.

Il primo e più rilevante cambiamento è legato alla trasformazione demografica. In Italia nel periodo 2001-2011 è significativamente aumentata la popolazione anziana (in 10 anni gli over 65 sono passati da 10,6 a 12,4 milioni) e questo trend non è certo destinato a indebolirsi.

Se prendiamo in considerazione l’indice di vecchiaia della popolazione (il rapporto tra chi ha più di 65 anni e chi ne ha meno di 15 anni) vediamo che l’Umbria è una delle regioni del paese in cui tale indice assume valori più elevati. Ne consegue una deduzione semplice: anche in chiave prospettica, il tema della domanda di salute della popolazione anziana sarà in Umbria, più che in altre regioni, centrale per le future politiche sanitarie e socio sanitarie regionali.

A queste trasformazioni si aggiungono i cambiamenti dovuti all’effetto della crisi sul benessere delle famiglie. Come ha mostrato l’Istat, nel paese cresce la percentuale di famiglie
– che si trovano in una condizione di povertà assoluta (quasi il 6% – dati del 2011)
– che si trovano in una situazione di grave deprivazione familiare (11% nel 2011, ma erano il 7% nel 2010)
– che si trova a rischio di povertà (20%)

Intanto anche la struttura delle famiglie si trasforma: crescono le monoparentali e le persone anziane sole. In un decennio, fra il 2002 e il 2011, il numero medio di componenti delle famiglie è sceso mentre il numero di persone che vivono sole è passato da 5,5 milioni a oltre 7 milioni (e 3,5 milioni hanno più di 65 anni).
Il ruolo della cooperazione sociale

Una delle principali componenti del sistema di welfare regionale umbro è costituito dalla cooperazione sociale che fornisce servizi socio-assistenziali e svolge attività di inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

In Umbria, la cooperazione sociale ha da sempre assunto un ruolo determinante nella costruzione dei sistemi locali di welfare. Fin dagli anni settanta, le cooperative sociali hanno mostrato elevate capacità di captare, interpretare e soddisfare i bisogni sociali provenienti dalle comunità territoriali, spesso anticipando le politiche attuate dai soggetti pubblici.

L’Umbria è una delle regioni italiane in cui la cooperazione sociale è maggiormente diffusa e tale rilevanza emerge soprattutto in termini occupazionali.
Se consideriamo la capacità di creare occupazione delle cooperative sociali rispetto a quella più generale del settore non profit, l’Umbria risulta addirittura la prima regione in Italia.

Sono dati che mostrano con evidenza il peso e il ruolo assunto nel tempo dalle cooperative sociali in Umbria, risultato del percorso storico di costituzione e di affermazione della cooperazione sociale in questa regione.

Proposte e prospettive

Partendo da questo quadro vorrei provare a ragionare un momento sul ruolo che la cooperazione potrà avere nei prossimi anni, e sul contributo che potrà dare al processo di riforma del sistema di welfare – nella nostra regione e forse in Italia.

Abbiamo visto prima i due fattori principali che modificheranno profondamente (stanno già modificando) l’accesso al sistema sanitario pubblico, dunque il diritto alla salute: il fattore demografico e il fattore risorse.

In tema di sanità, saranno forti in futuro le spinte a recuperare adeguati livelli di efficienza dei sistemi sanitari regionali, riducendo sprechi ed inefficienze. Ma la riduzione degli sprechi sarà per l’Umbria attività più complessa che altrove.

Diverse fonti e ricerche indipendenti riconoscono al sistema sanitario della nostra regione un primato in termini di efficienza della spesa sanitaria e qualità dell’offerta.
Per queste ragioni, con molta probabilità, il percorso di riorganizzazione richiesto dovrà introdurre delle innovazioni “di modello”, valorizzando anche il ruolo delle cooperative sociali.

Il fattore cooperazione, appunto, che aggiungiamo con valenza positiva ai due sopra menzionati.

In Umbria, la cooperazione sociale particolarmente presente nelle attività di addestramento, avviamento professionale e inserimento lavorativo – meno nei settori tradizionali dell’assistenza sociale e della sanità.

Disponiamo per così dire di una ridondanza di risorse imprenditoriali, rappresentata dalle cooperative, che potrebbero svolgere un ruolo opportuno per la ridefinizione di un nuovo sistema di welfare regionale.

Il contributo che si può dare lavora su più assi:
più flessibilità dell’offerta di servizi sanitari e socio-sanitari, attraverso un processo di de-istituzionalizzazione della risposta ai bisogni delle persone anziane e non autosufficienti;
più appropriatezza degli interventi a favore delle persone anziane e non autosufficienti, potenziando in tempi brevi la rete di servizi territoriali sanitari e socio-sanitari;
più investimenti per innovare la rete di servizi socio-sanitari già esistente, con particolare attenzione ai servizi alle strutture residenziali e semi-residenziali per le persone con disabilità fisiche e psichiche.

Nuove forme di cooperazione focalizzata sul coinvolgimento dei cittadini e degli utenti potranno modificare dal basso il sistema di welfare regionale, magari attraverso forme di coproduzione dei servizi per rimettere al centro delle politiche e dei servizi le biografie delle persone.
Oggi, sotto il peso della crisi, i servizi sociali e sanitari sono sempre più spesso burocratici, a volte inefficaci e disumanizzati.

Per fare questo però sono necessarie politiche di capacitazione della cooperazione, in primo logo sociale, per creare il contesto culturale, organizzativo ed amministrativo utile ad aprire una nuova stagione di collaborazione tra attori pubblici e privati.